Ritorno brevemente a parlare del tasto verticale visto che c’è ancora tanto da imparare e da capire.

L’altro giorno mentre uscivo dalla Palestra ho notato un cartello con su scritto:

“SEI PRONTO A RICEVERE? ABBIAMO TANTO DA DARTI”

Queste parole mi hanno fatto riflettere come sempre succede quando qualcosa colpisce la mia attenzione, la mia mente si è collegata automaticamente alla Telegrafia e mi sono detto: sono pronto e spero che anche i miei interlocutori lo siano.

 

Dicono che la Telegrafia può essere considerata una scrittura musicale, che la trasmissione è un qualcosa di personale ed inconfondibile tanto da riconoscere se il corrispondente è una persona calma, nervosa, gentile o scorbutica, ma questa è una interpretazione romantica della telegrafia, direi un accomodamento che nel codice Morse non esiste. Sicuramente se accorcio un punto o allungo una linea impiego un diverso rapporto punto/linea e se aumento o diminuisco lo spazio tra i caratteri ho una mancata gestione degli spazi. E’ probabile che dal tasto ne esca un suono personalizzato, come già visto, ma bisogna entrare in un ordine di idee che, ad esempio, il tasto verticale fa capire molto bene: per fare certi caratteri ci vogliono certi spazi e certi rapporti altrimenti trasmetti un codice che non è Morse.

Il tasto verticale, poi, potrebbe sembrare uno strumento semplice nella sua architettura ma è solo una impressione. Ad esempio, la molla che regola il livello di forza da applicare sul pomello, deve essere in acciaio e avere la prerogativa di restituire senza indugio la spinta verso l’alto. Normalmente non abbiamo la possibilità di quantificare questo livello di forza ma si ritiene che sia sufficiente l’applicazione da 200 gr. ed oltre, ma è un fattore che varia in funzione della molla, del tipo di leva e della posizione del fulcro e ovviamente dall’operatore. Fra le tante leggende metropolitane vi è anche quella della distanza tra i contatti che viene calcolata interponendo una qsl, un foglio di carta più o meno spesso o anche uno spessimetro come quello con cui si taravano le punterie delle automobili.

 

Questi metodi non sono da prendere in considerazione tout court,ma cum grano salis, perché danno risultati diversi in funzione del rapporto di leva del tasto ovvero della sua configurazione meccanica.

La sua validità troverebbe accoglimento se il contatto fosse situato sotto il pomello di manipolazione, o nelle immediate vicinanze.

Ma i tasti verticali non sono tutti uguali, al contrario, sono molto diversificati tra loro sia in ragione del rapporto di leva, quindi a leva lunga o corta, che in ragione squisitamente costruttiva riferita alla meccanica in toto adottata. E non è nemmeno il caso di affermare a quanti decimi di distanza tra loro i contatti dei tasti a leva corta debbono essere tarati in meno rispetto a quelli a leva lunga, avendo questi il contatto montato dalla parte opposta dal perno di pivotaggio. Sicuramente per un “leva corta” 3 decimi di millimetro sono una misura indicativa da cui partire ma per quelli a “leva lunga” la cosa cambia e non può aversi la medesima taratura in quanto il gioco meccanico si presenterebbe, con i 3 decimi, quasi raddoppiato considerando i diversi rapporti di leva da cui avremmo un movimento quasi raddoppiato.

 

Pertanto prima di consigliare, suggerire, indicare la distanza corretta dei contatti di un tasto verticale non si deve prescindere dal conoscerne le caratteristiche meccaniche e dopo dare le corrette indicazioni ma non secondo le sue esigenze che ovviamente non sono quelle degli altri.

La velocità di manipolazione determina la durezza della molla e la distanza dei contatti, e viceversa, quindi cercare di trasmettere con un rapporto più vicino possibile al 3:1 a cui dobbiamo sempre avvicinarci considerando che velocità più alte richiedono una distanza tra i contatti minore ed una durezza di molla maggiore che rende la manipolazione più faticosa ma consente un ritorno più veloce possibile della leva in condizione di riposo, garantendo che questa torni ad inizio corsa prima di iniziare a manipolare l’elemento successivo del carattere.

Si è detto tanto sulla postura da assumere quando ci si appresta a manipolare un tasto verticale tanto da disorientare chi inizia e confondere anche chi ha già iniziato.

La scuola italiana ha sempre dettato i canoni posturali da attuare impiegando il tasto verticale, sia per lavoro che per passione, ed è stato detto tutto con dovizia di particolari, anche su questo sito ne ho parlato più del dovuto, ma sembra che ancora non è stato abbastanza esaustivo, magari ritorneremo sull’argomento in altra occasione. In questo contesto debbo solo esporre un mio personalissimo parere scaturito negli ultimi tempi facendo delle prove con il tasto verticale, un semplice Junker di costruzione Elmer.

L’ho utilizzato sia con il gomito poggiato sul tavolo che senza appoggio. Ne è scaturita una semplice considerazione, poggiando l’avambraccio sul tavolo è possibile spostare in avanti l’affaticamento dell’articolazione polso/gomito mentre escludendo l’appoggio la velocità aumenta perché aumenta l’agilità di manipolazione ma la stanchezza non tarda a farsi sentire. Infatti, quando la telegrafia era un mestiere, si impiegavano tasti a leva corta per brevi comunicazioni e sistemati in modo precario sul tavolo mentre per il normale traffico si impiegavano tasti a leva lunga disposti su ampi spazi. Ma si tenga ben chiaro che il tasto verticale non ha mai stancato nessuno altrimenti non si spiegherebbe come mai i vecchi brass pounder superavano anche le otto ore di lavoro senza accusare alcuna stanchezza: evidentemente lavoravano in modo fisiologico a differenza di quelli che accusavano stanchezza e quant’altro. Tasti a leva lunga, tasti a leva corta, distanza tra i contatti e postura sono strettamente collegati tra loro. Nel senso che per brevi periodi va bene il tasto a leva corta tralasciando la postura corretta e 3/10 di distanza contatti; per lunghi periodi è d’obbligo il tasto a leva lunga, una postura da manuale ed un settaggio con contatti molto ravvicinati. Ciò premesso, ora tiriamo le somme: la comune base per l’ RT è costituita dalla manipolazione del tasto verticale con cui si acquisisce la giusta metrica, il timing, lo spacing, una cadenza corretta ecc. Una volta in possesso di questi condizionamenti l’RT non ha nessuna difficoltà a manipolare qualsiasi tipo di tasto verticale.